Carteinregola: Regole per il commercio per la Regione Lazio

A cura del “Gruppo Commercio” di Carteinregola

verduraiaLe competenze della Regione in materia di commercio sono preordinate rispetto a quelle dei Comuni e dei Municipi, che devono conformare i propri atti alle Leggi e Regolamenti regionali. E’ invece di competenza statale la materia della libera concorrenza.

La disciplina del settore commercio di competenza regionale risale ormai alla L.R. n.33 del 1999 (oggetto di diverse modifiche nel corso del tempo, che non ne hanno però modificato l’ossatura ormai ampiamente superata dalle normative europee); il Documento Programmatico della delibera 131/2002 riguarda le grandi strutture di vendita; per quanto riguarda le attività di somministrazione le Leggi Regionali sono la n.21/2006 e la n.19/2008, nonchè il più recente Regolamento n.1/2009.

Una nuova Legge Regionale/TestoUnico sul Commercio è necessaria sia per adeguare la normativa regionale alla normativa statale recentemente intervenuta per il recepimento delle direttive europee in materia di liberalizzazioni delle attività di impresa, sia per favorire l’adeguamento delle normative comunali alle esigenze di salvaguardia dei beni costituzionalmente tutelati (tutela dei beni culturali, del paesaggio e dell’ambiente; salute dei cittadini).

 

Chiediamo:

una Legge/TestoUnico regionale sul Commercio, pubblicamente discussa non solo con le rappresentanze di categoria ma anche con le associazioni dei cittadini e dei consumatori, che comporti la revisione della normativa attuale per rispondere ai seguenti obiettivi:

1)    favorire:

–       la riqualificazione e il riequilibrio della funzione del commercio nei Centri Storici in rapporto alle altre funzioni, specialmente quelle residenziali e culturali;

–       il rilancio del commercio di prossimità, dei mercati rionali, dell’artigianato; la limitazione del fenomeno della sostituzione delle piccole attività;

–       il decentramento delle attività e degli esercizi interessati dal fenomeno della “movida” notturna (v. anche il fenomeno dell’inquinamento acustico da rumore antropico);

2)    arginare la deriva verso il fenomeno “luna park”, verso un territorio ridotto a sequela di centri commerciali e bar/ristoranti, dove le attività preponderanti sono legate alle grandi catene di distribuzione e alla movida;

3)    fornire alle Amministrazioni Comunali non solo linee guida ma anche indicazioni e prescrizioni sul governo dei fenomeni complessi inerenti la disciplina delle attività di somministrazione per incidere immediatamente sul degrado dei beni culturali e del paesaggio dei Centri Storici e sulla lesione del diritto alla salute dei cittadini, entrambi indotti dal dilagare degli esercizi di somministrazione e dalla totale liberalizzazione degli orari[5];

4)    precisare i criteri e gli ambiti di deroga concessi ai Comuni per limitare il consumo di alcol[6] e per regolamentare gli orari di chiusura notturna dei locali di somministrazione e di intrattenimento musicale;

5)    stroncare il fenomeno dell’abusivo commerciale e della contraffazione, che comporta la morte per concorrenza sleale delle attività produttive e commerciali regolari.

Tale normativa, in particolare, per essere efficace ed incisiva rispetto all’enorme attuale degrado dei centri storici (in particolare di tutta la Città Storica di Roma) dovrebbe contenere

a)     disposizione identica a quella contenuta nell’art. 4 bis della L. R. Veneto n.10/2001 introdotto dalla L. R. Veneto n.7/2005: “É vietato il commercio su aree pubbliche in forma itinerante nei centri storici dei comuni con popolazione superiore ai cinquantamila abitanti”[7];

b)    il divieto di qualsiasi forma di commercio su strade o piazze (bancarelle, camion bar e tutte le altre forme itineranti) in tutte le aree di pregio o vincolate ex art.10 del Codice dei Beni Culturali [8];

c)     l’obbligo per i Comuni di provvedere a redigere i PMO (Piani di Massima Occupabilità) per le OSP (occupazioni di suolo pubblico) dedicate alle attività di somministrazione, nelle aree di pregio e tutelate ai sensi dell’art.10 del Codice Beni Culturali, prevedendo il relativo termine entro il quale i Comuni devono provvedere (sei mesi/un anno), indicando i criteri per redigere i regolamenti per le OSP e per determinare l’importo dei canoni concessori (maggiori sulle aree di pregio, minori nelle aree più periferiche), esplicitando che nel caso di inadempienza la Regione esercita il suo specifico potere di surroga e sostituzione;

d)    le regole per il piccolo commercio di qualità e l’artigianato, per i mercatini caratteristici e/o etnici (ad esempio a Roma su Piazza Navona o lungo le banchine del Tevere) nei centri storici obbligando i Comuni ad individuare, in un dato termine, le aree ed i periodi nei quali si svolgono detti mercatini, le categorie merceologiche, il numero dei banchi ed i piani di collocazione;

e)     la regolazione degli orari di apertura di tutti gli esercizi commerciali, inclusi quelli di somministrazione ed i locali di spettacoli (discoteche ecc.) nei centri storici, in funzione della tutela dei beni culturali e della salute dei cittadini. L’emissione di provvedimenti in tal senso non è una mera facoltà ma è obbligo per le amministrazioni comunali, a tutti i livelli decisionali[9]: in particolare si richiede di prevedere:

–       il divieto di vendita di bevande alcoliche “per asporto” ed al di fuori dei locali dopo le ore 22.00 per tutto l’anno;

f)     un complesso di norme per il monitoraggio, il controllo e la prevenzione dell’abuso di alcol secondo le indicazioni dell’OMS; divieto, senza possibilità di deroga alcuna, di collocazione di qualsiasi tipologia di impianto a fini pubblicitari nell’ambito del centro storico;

g)     divieto, senza possibilità di deroga alcuna, anche nel caso di piani di recupero, di apertura di attività commerciali, centri commerciali o altre strutture di vendita con superficie superiore a 250 mq nel perimetro del centro storico tutelato[10].

laboratoriocarteinregola@gmail.com

[5] A livello di Roma Capitale, alla luce del nuovo testo legislativo regionale, dovrebbe essere quindi rivisti: il regolamento sulleattività di somministrazione di cui alla delibera comunale 35/2010; il regolamento OSP di cui alle delibere comunali 119/2005, 75/2010 e 83/2010; il regolamento di tutela delle attività artigianali, negozi di vicinato, botteghe storiche di cui alla delibera

comunale 36/2006; il regolamento e le norme sul decoro che riguarda dehors, insegne, arredi urbani; la collocazione di grandi strutture di vendita nel territorio comunale anche in virtù delle deroghe esistenti nelle normative comunali.

[6] La disciplina degli orari dei locali e la limitazione di vendita di alcolici in casi ed in luoghi di alta concentrazione di locali e di presenza di residenti e di beni architettonici e paesistici sono strettamente collegate.

Il Piano dell’OMS indica delle importanti prescrizioni per limitare l’abuso del consumo di alcol, fra le quali l’obbligo per le autorità locali di adottare dei provvedimenti per ridurre e contenere gli orari e la vendita delle bevande alcoliche, in particolare su “aree dove si sviluppa un’economia basata su attività notturne e si generano alti livelli di fastidi e molestie legati al consumo di alcol”.

Oltre a tali indicazioni dell’OMS, i provvedimenti di limitazione degli orari di vendita degli alcolici sono raccomandati ed indicati anche dalla Circolare n.3644/C del 28.10.2011 del Ministero dello Sviluppo Economico nonchè dalla Direttiva e Nota informativa del 28.12.2011 della Regione Lazio. Sia il Ministero sia la Regione Lazio indicano che è possibile, ed anzi obbligatorio, regolamentare gli orari di apertura notturna e di vendita per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, per motivi di tutela della sicurezza pubblica, della salute dei cittadini, dei beni culturali come prevede lo stesso DL 98/2011.

[7] La sentenza della Corte Costituzionale n. 247 del 2010 ha dichiarato legittima tale Legge, giusta e legittima la competenza della Regione in materia di divieto e/o tutela sul commercio nelle aree di pregio dei centri storici. Anche La “Direttiva Ornaghi” del novembre 2012 ha richiamato la norma della L.R. Veneto e confermato la possibilità di sottoporre a tutela, riguardo le attività commerciali, le aree dei centri storici tutelate, vincolate e di pregio a sensi dell’Art.10 del Codice dei Beni Culturali. Inoltre, l’ulteriore competenza regionale su salvaguardia della salute dei cittadini e dell’ambiente può ben essere esercitata per regolare il commercio nelle aree protette anche per altri aspetti (orari apertura, alcol ecc.).

Pertanto è possibile, giuridicamente e legislativamente, porre in essere delle norme similari anche nei centri storici della Regione Lazio, in particolare per il centro di Roma.

[8] Una tale disposizione permetterebbe anche la revoca di tutte le autorizzazione e concessione esistenti non rispondenti alle prescrizioni delle Soprintendenze, mettendo fine al caos amministrativo attuale a livello Comunale ed ai fenomeni di “monopolio” e di vero e proprio racket di questo settore commerciale.

[9] In tal senso v. nota del 29.12.2011 della Direzione Regionale della Attività Produttive della Regione Lazio emessa sulla base della Circolare Esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico n.3644/C del 2011, nella quale veniva chiaramente argomentato che: ”provvedimenti finalizzati a limitari gli orari di apertura notturna delle attività di somministrazione di alimenti e bevande possono continuare ad essere adottati potendosi legittimamente sostenere che trattasi di vincoli necessari ad evitare danno alla sicurezza, e indispensabili per la protezione della salute umana, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, espressamente richiamati come limiti ammissibili all’attività privata dall’Art.3 comma 1 del D.L.13.08.2011 convertito in Legge n.148/2011”.

[10] Per quanto attiene al rapporto tra Centro Storico di Roma, liberalizzazioni e legislazione regionale è necessario fare riferimento alla riforma introdotta dal Decreto Legge 201/2011, convertito nella Legge 214/2011, in particolare all’Art.31, che introduce la libertà di apertura di esercizi commerciali su tutto il territorio nazionale senza limiti e contingentamenti di alcun genere.

Va subito precisato che la Legge mantiene comunque la possibilità di disposizione limitative poichè prevede – in aderenza al dettato dell’Art.41 Costituzione – il limite alle liberalizzazioni costituito dalla tutela dei beni culturali, dell’ambiente (anche quello urbano), della salute dei cittadini e dei lavoratori. Pertanto, essendo tutto il Centro Storico di Roma, nel suo complesso, bene culturale a norma dell’art.10 DLgs 42/2004-Codice dei Beni Culturali nonché patrimonio dell’Umanità Unesco, è ben possibile adottare normative che, nel rispetto della nuova normativa nazionale, possano riequilibrare la funzione del commercio nel Centro Storico di Roma anche con l’introduzione di limiti alle apertura di nuove attività, specie nel settore della somministrazione di alimenti e bevande e di grandi e medie strutture di vendita. La Legge 214/2011 prevede l’obbligo per le Regioni e per i Comuni di adeguare le loro normative al nuovo indirizzo, ma finora nè Roma Capitale nè Regione Lazio vi hanno provveduto. La mancanza di precisi indirizzi di governo del territorio sta provocando enormi danni al tessuto della città storica. Peraltro, se venisse approvato il Piano Comunale del Commercio così come fu concepito nel 2011 dall’assessore Bordoni, ci sarebbe il definitivo colpo di grazia al Centro Storico di Roma. Tale Piano non poneva alcun limite all’apertura di medie strutture (fino a 2500 mq) nell’ambito della città storica nella quale -come affermato nello stesso Piano- questo tipo di esercizi commerciali “sono già presenti in alta percentuale, prevalentemente concentrati nelle zone del centro storico e della città storica (via del Corso, piazza Colonna, Tridente, Ponte Milvio) e intorno ad alcuni assi tradizionalmente a vocazione commerciale (via Po, via Alessandria, viale Libia, via Cola di Rienzo, Lido di Ostia centro)”. Se è vero che le norme di PRG permettono nei tessuti della Città Storica questo tipo di destinazioni commerciali, tuttavia una disciplina di settore ne deve verificare caso per caso la compatibilità e la sostenibilità ambientale. E’ necessario evitare un rapido ed esponenziale aumento di progetti e di apertura di strutture come quelle proposte per l’ex Cinema Metropolitan, in Via Rolli, in Via del Gambero. Per quanto riguarda le grandi strutture di vendita (oltre 2.500 mq) ed i centri commerciali, il divieto di apertura è ormai solo formale (v. art.25 comma 17 delle NTA del PRG)  e il precedente costituito dalla Nuova Rinascente ha aperto la strada alle deroghe al PRG ed alle normative sul commercio, mediante la modifica delle destinazioni d’uso di palazzi o di interi isolati.

La moltiplicazione degli esercizi commerciali di medie e grandi dimensioni avrebbe come conseguenza la definitiva scomparsa dei piccoli esercizi di vicinato, delle attività artigianali, delle attività e botteghe storiche, tutelate solo sulla carta ma in sostanza condannate alla scomparsa in mancanza di una reale salvaguardia. Inoltre, il tessuto urbano e sociale del centro storico sta subendo l’ennesima involuzione e trasformazione in un immenso luna park, dedito solo al commercio (centri commerciali), alle attività di somministrazione (bar, ristoranti, ecc.) al divertimento notturno (pub, discoteche ecc.). Saranno definitivamente travolte e stravolte le altre funzioni legate alla residenzialità ed alla fruizione dei beni culturali. Ancora, il peso urbanistico di queste strutture di vendita non potrà che aggravare i già drammatici problemi legati alla mobilità ed al traffico con le immaginabili conseguenze sull’inquinamento acustico ed ambientale.

 

Lascia un commento